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Formatosi al Bauhaus di Weimar, vi ritorna nel 1925 come docente, progettando mobili in tubo metallico e gli interni della scuola, che lascia nel 1928 per aprire uno studio di architettura con Walter Gropius. Fuggito dal nazismo a Londra (1934), poi negli USA (1937), insegna ad Harvard dal 1938, apre uno studio con Gropius (1941), poi uno in proprio dal 1946, realizzando architetture tra cui il Wheaton College Art Center (1938, con Gropius), il palazzo UNESCO a Parigi (1958, con P. L. Nervi e B. Zehrfuss), il Whitney Museum (1966).

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Alla guida dell’azienda fondata dal padre Camillo, la sua attività fu caratterizzata dalla centralità del design (con la presenza iniziale di Marcello Nizzoli e Giovanni Pintori), dalla ricerca tecnologica (che porta al primo PC), dalla cura per i dipendenti (con mense, asili, attività ricreative), dall’internazionalizzazione, dall’attenzione alla cultura (la collaborazione con Fortini, Ottieri, Pampaloni, Sinisgalli, Soavi, Volponi) e per la comunità, con le Edizioni e il Movimento di Comunità, fondato nel 1947.

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Apre i battenti nel 1929: Edward H. Barr, primo direttore, lo pensa come luogo per comprendere l’arte contemporanea. Dopo varie peregrinazioni il museo apre nel 1939 nella sede attuale, con gli ampliamenti di Philip Johnson negli anni ’50 e ’60, di Cesar Pelli (1984) e di Yoshio Taniguchi (2006). Vanta un’intensa attività dedicata al design, con una collezione permanente (pezzi dall’800 ai giorni nostri) e mostre temporanee dedicate a progettisti, aziende, tematiche.

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Laureato nel 1921, inizia nel 1923 la collaborazione con Ginori e nel 1928 fonda la rivista Domus con l’editore Gianni Mazzocchi. Dal 1936 al 1961 insegnò al Politecnico di Milano, dividendo la sua attività tra architettura e design. È sua l’idea del premio Compasso d’Oro, promosso nel 1954 da La Rinascente. Tra le sue opere il Palazzo Montecatini (1938) e il grattacielo Pirelli (con Valtolina e Dell’Orto, 1960). Tra i progetti di design la lampada 0024 di Fontana Arte (1931), la sedia Leggera di Cassina (1952), la poltrona D.153.1 di Molteni (1953).

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La Carrozzeria Pinin Farina venne fondata nel 1930 da Giovanni Battista “Pinin” Farina (Battista Pininfarina dal 1961), con Vincenzo Lancia socio di minoranza. Nel 1947 raggiunge il successo mondiale con la Cisitalia 202, prima vettura esposta permanentemente in un museo (il MoMA di New York). Negli anni ‘50 l’azienda diventa un’impresa industriale e dalla fine del decennio è guidata da Sergio pinifarina e da Renzo Carli, progettando per Cadillac, Ferrari, Fiat, Honda, Jaguar, Lancia, Maserati, Peugeot, Rolls Royce.

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Tra le figure di maggiore spicco del design finlandese (il Design Forum Finland organizza annualmente il Kaj Franck Design Prize, destinato a designer che lavorino nel suo spirito), è stato direttore artistico della azienda ceramica Arabia (ora Iittala Group) e dal 1945 direttore artistico e docente al Collegio di Arti Applicate, predecessore della Aalto University. Il suo approccio – essenzialità, funzionalità, economia – ne fa uno dei primi designer dotati di spiccata sensibilità sociale.

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Laureato al Politecnico di Milano nel 1929, inizia l’attività di architetto nel 1936 (quartiere Filzi, Milano), e prosegue con una serie di edifici come il rifugio Pirovano di Cervinia (con Luigi Colombini, 1951) e il palazzo della Rinascente a Roma (1957). Nel 1952 apre lo studio con Franca Helg, con cui sviluppa progetti di interior ed exhibit, e per le Gallerie comunali di Palazzo Bianco a Genova (1954), il negozio Olivetti a Parigi (1959), la Metropolitana di Milano (1964). Tra i progetti di design la poltrona Fiorenza (Arflex, 1952) e la libreria 835 Infinito (Cassina, 1957).

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Negozio di Copenaghen ideato nel 1929 da Kay Bojesen, argentiere e designer, come spazio espositivo e trasformato in attività commerciale nel 1931 da Christian Grauballe, che riunì un gruppo di artigiani danesi nella Mostra permanente delle arti danesi o Den Permanente, esponendo mobili, accessori, illuminazione, gioielli, tessuti in stile moderno. Aperto all’esportazione (specie verso gli USA) negli anni ’60, fu ceduto nel 1981 a un imprenditore giapponese e chiuse i battenti nel 1989.

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Fu costituito nel 1944 da Hugh Dalton, all’epoca presidente della Commissione per le attività professionali nel governo di guerra britannico, con il compito di promuovere con ogni mezzo disponibile il miglioramento della progettazione dei prodotti dell’industria britannica. Riconosciuto dallo Stato inglese come agenzia senza scopi di lucro, nel 1972 prese il nome di Design Council, conservando la sua condizione di autonomia. Dal 1994 è un’agenzia pubblica di consulenza e fornisce di servizi strategici per la progettazione.

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Storico dell’arte, entrò nel 1933 a Torino nell’amministrazione delle Belle Arti, passando poi a Modena e a Roma, dove progettò con Cesare Brandi l’Istituto Centrale di Restauro. Docente a Palermo (1955) e a Roma (1959), delineò la fisionomia del design come linguaggio (Progetto e destino, 1965) e fondò nel 1973 l’ISIA di Roma, battendosi per l’istituzione di percorsi di formazione specifici per il design. Sindaco di Roma nel 1976, fu autore di numerosi volumi, fra cui il fortunatissimo manuale Storia dell’arte italiana.

 

Foto: Giovanni Baj

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Fondata nel 1861 a Boston, Massachusetts, per favorire l’affermazione della rivoluzione industriale negli Stati Uniti, la scuola ha laureato centinaia di ricercatori (tra cui 96 premi Nobel) che hanno dato vita a migliaia di innovazioni nel campo della tecnologia, dell’organizzazione, della comunicazione, divenendo un polo d’attrazione mondiale della formazione e della ricerca.

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Fondata da Max Braun come fabbrica di prodotti elettrici, dagli anni ’50, per iniziativa dei figli del fondatore Artur ed Erwin, produsse apparecchi per la fotografia, cineprese e proiettori. Nel 1961 divenne direttore del Dipartimento Design Dieter Rams, con il quale iniziò la produzione di piccoli elettrodomestici: rasoi elettrici, asciugacapelli, ferri da stiro, macchine da caffè, bollitori, frullatori, giradischi, che si affermarono a livello mondiale per l’identità e la sobrietà del design. Nel 1967 l’azienda venne acquisita dalla Gillette, poi, dal 2005, dalla Procter & Gamble.

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MOTIVAZIONE

La Commissione assegna il premio a La Rinascente S.p.A. per l’opera svolta da questa Società nella promozione del design in Italia, di cui la maggior espressione fu l’istituzione del Premio “Compasso d’oro” fondato da La Rinascente nel 1954 e la gestione dello stesso fino all’edizione del 1964, e sottolinea la continua opera di valorizzazione del design italiano svolta dalla Società attraverso numerose manifestazioni di design italiano organizzate sia in Italia che all’estero.

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MOTIVAZIONE

La Commissione assegna il premio alla Triennale di Milano quale più antica e importante pubblica manifestazione italiana destinata ai problemi dell’architettura dell’arredamento e del design per aver presentato con alto prestigio l’aspetto culturale e divulgativo del disegno industriale attraverso l’allestimento di mostre e l’organizzazione di un convegno ad esse dedicato.

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MOTIVAZIONE

Il Compasso d’Oro 1970 viene attribuito alla Brionvega per aver voluto imprimere, nella massima parte della sua produzione, un alto livello qualitativo e per aver voluto avvalersi dell’opera dei migliori designer italiani, raggiungendo in molti casi, risultati di notevole valore culturale sul piano del design a livello internazionale.

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MOTIVAZIONE

Il Compasso d’Oro viene assegnato a Gillo Dorfles per i numerosi studi teorici sul design, in particolar modo per l’apporto alla nozione generale di estetica contemporanea e per l’attività continua svolta durante molti anni in favore della diffusione e del chiarimento delle idee sul design.

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MOTIVAZIONE

Viene attribuito il Compasso d’Oro 1970 all’Editoriale Domus per aver trattato per anni, attraverso le sue riviste, in particolare “Stile Industria”, ed inoltre “Casabella”, “Domus” e altre iniziative, il tema della ricerca e della diffusione nel campo del design in Italia e all’estero.

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MOTIVAZIONE

Viene attribuito il Compasso d’Oro 1970 alle Edizioni di Comunità per aver trattato sulle riviste, “Comunità” e “Zodiac” ed attraverso volumi specializzati il problema del design, vedendolo anche nel contesto dei problemi dell’architettura e dell’urbanistica e tenendo sempre conto della finalità sociale complessiva cui il disegno industriale può contribuire.

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Un gruppo di oltre venti personalità creative del settore del design, tra cui Michele De Lucchi e Paola Navone, diretto da Valerio Castelli. Ha sviluppato progetti di design e comunicazione, come il Sistema Scuola del 1979, destinato all’arredamento degli asili infantili, e ha realizzato numerosi eventi culturali di promozione del design italiano. Il premio venne attribuito per la strategia basata sulla coerenza della progettazione dei prodotti e su una costante ricerca ed evoluzione dell’immagine.

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Un dipartimento aziendale che ha rappresentato un modello di progetto culturale d’impresa di portata internazionale, diretto dal 1965 da Renzo Zorzi e dedicato alla diffusione dell’arte, della tecnologia, del design, in collegamento con esponenti della cultura letteraria e artistica italiana che ricoprirono ruoli importanti nell’azienda, da Giorgio Soavi a Riccardo Musatti, a Geno Pampaloni.

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È la prima scuola di design istituita dallo Stato italiano. Erede del Corso Superiore di Disegno Industriale e Comunicazione Visiva attivo a Roma tra il 1965 e il 1970, presieduto da Giulio Carlo Argan, storico dell’arte, e diretto dallo scultore Aldo Calò, coinvolse nella didattica progettisti e storici del design tra cui Andries Van Onck, Rodolfo Bonetto, Enzo Frateili, Pio Manzù, Renato Pedio, Maurizio Aymonino, Filiberto Menna, Achille Perilli, Michele Spera.

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Fondata da Giulio Castelli, laureato in Chimica industriale, produsse dapprima accessori per auto in plastica, materiale di cui Castelli intuiva le straordinarie potenzialità, poi complementi d’arredo, affermandosi nel settore della casa grazie alle applicazioni suggerite dai migliori designer, tra cui Anna Ferrieri Castelli, Marco Zanuso, Philippe Starck. Negli anni ’60 venne creata anche una Divisione Labware destinata alla fornitura di articoli per laboratori. È oggi tra i i più innovativi produttori d’arredamento mondiali.

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Segretaria generale dell’ADI dal 1972, ne fu l’anima organizzativa e propositiva nella gestione del Compasso d’Oro e di mostre nazionali e internazionali dell’associazione, tra cui 100 designers, allestita alla Triennale di Milano nel 1984 in occasione del convegno dell’ ICSID International Council of Societies of Industrial Design. Si adoperò inoltre al reperimento e al trasferimento della sede milanese dell’associazione da via Clerici a via Montenapoleone, e soprattutto alla tessitura instancabile di rapporti con istituzioni, aziende, sponsor e sostenitori, dimostrando, secondo la giuria del Compasso d’Oro, “costante dedizione al Premio stesso e quindi della generale diffusione e qualificazione del disegno industriale”.

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Fondata dal designer Enrico Astori, dalla sorella Antonia Astori (designer) e dalla moglie Adelaide Acerbi (immagine e comunicazione) si affermò integrando la produzione di oggetti d’arredamento di qualità progettati da grandi designer, distribuzione e comunicazione. Esordì con l’armadio Driade1 (Antonia Astori 1968), trasformato nel 1972 in Oikos, divisorio autonomo. Dagli anni ’80 aperta alle collaborazioni internazionali (Philippe Starck, David Chipperfield, John Pawson, dal 2002 Tokujin Yoshioka) si è distinta per la sperimentazione di nuove forme e nuove soluzioni abitative.

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Erede della casa editrice che pubblicava a Firenze le opere dello storico dell’arte Bernard Berenson, si trasferì a Milano alla fine degli ’50 specializzandosi nell’editoria d’arte e d’architettura, di cui alla metà degli anni ‘60 era capofila in Italia, ampliandosi al tema del design. Con un catalogo che negli anni ’80 contava oltre 1.500 titoli,  negli anni ‘90 aprì succursali autonome in tutto il paese. Dal 1994 nel gruppo Mondadori, ha costruito una rete di librerie e servizi nei più importanti musei italiani.

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Pittore e uomo d’azienda, collaborò nel 1957 alla fondazione di Abet Laminati come consulente d’immagine, ponendo il design come cerniera tra comunicazione, ricerca e marketing. Nel 1963 creò in azienda il Gruppo Consulenza Architetti (Ponti, Magistretti, Romano, Caccia Dominioni, Casati), chiamando a collaborare Ettore Sottsass. Collaborò poi con il gruppo Renault sull’innovazione; con Atelier Mendini sul decoro e con Fiorucci Dxing (con Giannino Malossi) sul consumo di moda.

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Laureato a Milano nel 1964, viaggiò negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Dal 1971 collaborò con Richard Rogers alla progettazione del Centre Georges Pompidou a Parigi (1977, con Gianfranco Franchini). Fondò nel 1981 il Renzo Piano Building Workshop con sedi a Genova, Parigi e Osaka. Tra le realizzazioni il Porto Antico di Genova (1992), l’aeroporto Kansai (Osaka, 1994), la ricostruzione di Potsdamer Platz (Berlino, 2000), l’Auditorium Parco della Musica (Roma, 2002), il viadotto sul Polcevera (Genova 2020).

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Officina artigiana per la fabbricazione di cucine a legna fondata da Antonio Zanussi, iniziò a crescere nel 1933 creando il marchio Rex e lanciando nel 1935 la cucina a legna Patent, esportata in Austria e Germania. Nel dopoguerra i figli del fondatore, Guido e Lino, fece dell’azienda un marchio internazionale degli elettrodomestici ‘bianchi’, dal 1960 producendo anche televisori. Dal 1963 società per azioni con partecipazioni azionarie internazionali sempre più ampie, venne infine incorporata nel gruppo Electrolux.

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Assunto nel 1955 alla Fiat da Dante Giacosa, nel 1959 divenne responsabile dello stile nella carrozzeria Bertone: sue, tra l’altro, l’Alfa Romeo 2000 Sprint e la Fiat 850 Spider. Dal 1965 fu direttore del Centro Stile Ghia (De Tomaso Mangusta, Maserati Ghibli). Nel 1967 fondò Ital Styling, e nel 1968 (con Gianni Mantovani) Italdesign, offrendo servizi di design ed engineering ai maggiori marchi europei e realizzando capisaldi del design automobilistico come Golf, Panda, Passat, Thema, Uno.

 

MOTIVAZIONE

Il Compasso d’Oro assegnato a una personalità italiana distintasi per l’insieme delle sue attività è stato assegnato a Giorgetto Giugiaro per l’impatto e la qualità di design che ha distinto il successo del suo gruppo di progettazione nell’arco degli ultimi anni, attraverso le vaste categorie di prodotti realizzati anche al di fuori dei confini nazionali. Giugiaro esprime il futuro della professione dell’ industrial designer, che si basa su una strategia interdisciplinare e nella competenza specifica nell’integrare molte nuove tecnologie e discipline con la tradizione artigianale e la creatività intuitive tipicamente italiane. Il livello notevolmente alto della fusione di design engineering in prodotti molto diversi come le automobili, le macchine per cucire e gli strumenti musicali che sono esposti in questa stessa mostra, illustra chiaramente l’opinione della giuria. Inoltre al di là della qualità dei prodotti disegnati, che spesso contribuiscono ad un successo di esportazione, di servizi professionali di design, campo nel quale il gruppo Ital- Design ha avuto particolare successo. L’esportazione invisibile di idee e progetti italiani può diventare in futuro un’estensione importante della rinascita economica e può avere un impatto internazionale forse maggiore di quello dei prodotti stessi esportati, così apprezzati all’estero. In un paese come il nostro che è basato su un’economia di trasformazione e nella quale è fondamentale il progetto, il contributo di Giugiaro esprime la maturità del design italiano ad esplorare il futuro in stretta collaborazione con l’industria e con l’attività commerciale, che finisce con l’essere l’espressione più vera dell’industrial design.

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Laureato in Architettura a Firenze, nel 1964 fu tra i fondatori di Archizoom Associati e nel 1973 si trasferì a Milano, partecipando all’attività del gruppo Alchimia. Cofondatore nel 1982 di Domus Academy, ha diretto la rivista Modo (1982 – 1984) ed è stato docente di Design degli Interni al Politecnico di Milano e ha partecipato al gruppo Memphis. Autore di numerosi volumi (da La casa calda, 1984, a Introduzione al design italiano, 2015), è stato curatore di mostre in Italia e all’estero.

 

MOTIVAZIONE

La Giuria della XIV edizione ha deliberato di conferire il Premio Compasso d’oro 1987 a Andrea Branzi per il suo dinamico impegno intellettuale esercitato attraverso l’attività progettuale, critica, didattica e di ricerca rivolta alle discipline del progetto. Stimolante è stato il suo contributo all’arricchimento culturale del design ed all’allargamento delle aree problematiche ad esso attinenti in un periodo d’apparente cristallizzazione delle tendenze praticate.

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MOTIVAZIONE

La Giuria della XIV edizione ha deliberato di conferire il Premio Compasso d’oro 1987 al Cosmit per aver voluto con estrema chiarezza, sin dalla prima edizione del Salone del Mobile, evidenziare il settore della produzione più sensibile al design, contribuendo così a formarne la crescita quantitativa e l’impegno culturale, anche attraverso la costante attenzione dedicata alla comunicazione internazionale.

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MOTIVAZIONE

La Giuria della XIV edizione ha deliberato di conferire il Premio Compasso d’oro 1987 a Officina Alessi per l’acquisizione della leadership culturale nel suo settore, attraverso la continua e puntigliosa ricerca delle più elevate e avanzate espressioni poetiche della progettazione internazionale, spesso trasferita dall’architettura al design.

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Laureato in Architettura a Milano nel 1947, nel 1952 fondò con Ponti e Fenaroli lo studio PFR partecipando ai progetti per il grattacielo Pirelli a Milano (1960). Nel 1954 fondò la rivista Stile Industria che diresse fino alla chiusura (1963). Tra i lavori di design la poltroncina Condor (Arflex 1960), il tavolo Bar (Kartell 1967), l’autobus Meteor (con Isao Hosoe, Orlandi 1970), le poltrone P110 (Saporiti 1971), la Casa Mobile per la mostra New Italian Landscape (MoMA 1972). Tra i fondatori di ADI, ne fu il primo presidente (1956-1957). Realizzò con Marco Zanuso la versione tridimensionale del Compasso d’Oro su disegno di Albe Steiner.

 

MOTIVAZIONE

La Giuria della XIV edizione ha deliberato di conferire il Premio Compasso d’oro 1987 a Alberto Rosselli. “L’intervallo del tempo”, per usare uno dei termini perfetti che solo Gillo Dorfles sa creare, vede emergere la figura di Alberto Rosselli nella completezza del suo rigoroso impegno per il design, vissuto attraverso le sue realizzazioni professionali, gli atti fondativi del Compasso d’Oro e dell’ADI e per l’ancora oggi insuperata intuizione e intelligenza della rivista “Stile e Industria”.

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MOTIVAZIONE

La Giuria della XIV edizione ha deliberato di conferire il Premio Compasso d’oro 1987 alla Vortice Elettrosociali Spa, per la continuità dell’impegno posto nella qualificazione della propria produzione attraverso il design nel settore della elettroventilazione.

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MOTIVAZIONE

La Giuria della XV edizione tenutasi a Milano il 12 aprile 1989 ha deliberato all’unanimità di conferire il Premio Compasso d’Oro alla B&B per il costante lavoro di integrazione svolto al fine di coniugare i valori della ricerca tecnico- scientifica con quelli necessari alla funzionalità ed espressività dei prodotti.

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Laureato a Milano nel 1944, lavorò nello studio dei fratelli Livio e Pier Giacomo a progetti di urbanistica, architettura e design. Fra i fondatori di ADI nel 1956, progettò numerosi oggetti divenuti simboli del design italiano, come lo sgabello Mezzadro (con Pier Giacomo, Zanotta 1957), la sedia San Luca (Gavina, 1960), la lampada Arco (con Pier Giacomo, Flos 1962), l’orologio Record (Alessi 1982). Fra i numerosi riconoscimenti otto Compassi d’oro, oltre a quello alla carriera.

 

MOTIVAZIONE

La Giuria della XV edizione tenutasi a Milano il 12 aprile 1989 ha deliberato all’unanimità di conferire il Premio Compasso d’Oro a Achille Castiglioni, per aver innalzato attraverso la sua insostituibile esperienza il design ai valori più alti della cultura.

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MOTIVAZIONE

La Giuria della XV edizione tenutasi a Milano il 12 aprile 1989 ha deliberato all’unanimità di conferire il Premio Compasso d’Oro all’Istituto Commercio Estero – I.C.E. per lo straordinario sforzo organizzativo e di coordinamento realizzato in questi anni per la diffusione della conoscenza del design italiano nel mondo, attraverso un attento ed equilibrato utilizzo dei vari strumenti di comunicazione quali, interviste, tavole rotonde, seminari, conferenze, cataloghi e mostre, di cui a titolo emblematico si segnalano: Compasso d’Oro, Amsterdam, luglio-agosto 1987; Forum Design, Singapore, ottobre 1988; Italia 2000, Mosca, ottobre 1988.

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MOTIVAZIONE

La Giuria della XV edizione tenutasi a Milano il 12 aprile 1989 ha deliberato all’unanimità di conferire il Premio Compasso d’Oro alla Tecno, per la elevata qualità culturale espressa nel tempo attraverso l’interpretazione dei vari sistemi: espositivo, produttivo e grafico.

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Autodidatta, debuttò negli anni ‘50 con bozzetti di automobili per Pininfarina, Vignale, Viotti, Boneschi. Aprì il suo studio nel 1958 a Milano collaborando con Veglia Borletti. Insegnò alla Hochschule für Gestaltung di Ulm (1961-65) e all’ISIA di Roma (1974-79). Presidente di ADI (1971-1973) e di ICSID (1981-1983). Tra i suoi progetti l’orologio Sfericlock (Veglia Borletti 1962), la macchina utensile Auctor Multiplex (Olivetti 1967), il televisore Linea 1 (Autovox 1969), il telefono pubblico Rotor (Sip 1989) e gli interni di numerose auto per FIAT. Vinse, oltre a quello alla carriera, sette Compassi d’Oro.

 

MOTIVAZIONE

Per le sue molteplici attività nel campo del design che attraverso le vaste categorie di prodotti realizzati hanno contribuito all’affermazione del design italiano a livello mondiale e per la sua dedizione alla didattica e alla vita associativa nazionale e internazionale.

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MOTIVAZIONE

Per il ruolo innovativo e la antesignana apertura internazionale della sua produzione nel panorama culturale e produttivo italiano e per aver contribuito con la sua attività alla valorizzazione complessiva della cultura del progetto.

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MOTIVAZIONE

Per aver sviluppato nel tempo una filosofia progettuale e produttiva di grande coerenza in cui la cultura del design ha rappresentato un comune denominatore ed un elemento di distinzione.

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MOTIVAZIONE 

Per l’articolato apporto alla cultura dell’arredamento, per l’impiego spesso avanzato dei materiali e delle tecnologie, anche attraverso le competenze progettuali di Ernesto Gismondi, e per la complessiva qualità della produzione e dell’immagine.

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MOTIVAZIONE

In ricordo del suo fondatore Dino Boffi e in riconoscimento della costante ricerca di qualità, di ergonomia e di integrazione nell’abitazione che, con la progettazione e la realizzazione di cucine, hanno spesso segnato la storia del settore a livello internazionale.

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MOTIVAZIONE

L’attenzione costante alle tematiche di frontiera – dall’umanizzazione delle tecnologie all’esplorazione dei nessi tra design e moda, dalla riflessione sulla sociologia del progetto al design management e al design dei servizi – la qualità della didattica e le realizzazioni editoriali fanno di Domus Academy un fattore di nuova reputazione della capacità progettuale italiana.

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Sviluppatasi per merito del pragmatismo di Sergio Gandini con e per il disegno industriale, la Flos ha saputo adottare con successo una politica di esplorazione avanzata, costruendo un’offerta coerente che testimonia come gli stessi obiettivi imprenditoriali possano tradursi in fattori di cultura.

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Fu tra i fondatori del Movimento Studi Architettura e attivamente coinvolto nella ricostruzione del dopoguerra: abitazioni, edifici per uffici, alberghi, cinema. Fra le architetture più significative il Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Milano (1978), la casa di Tanmoto a Tokyo (1985), il deposito Famagosta per  la Metropolitana Milanese (1989). Come designer progettò tra l’altro per Artemide (lampada Eclisse 1967, sedia Selene 1982), Cassina (divano Maralunga 1973), Oluce (lampada Atollo 1977). Tre Compassi d’Oro oltre a quello alla carriera.

 

MOTIVAZIONE

Per la sua intera opera e in particolare per la ricerca tutta personale condotta nel campo dell’arredamento, i cui esiti così spesso sorprendono per rendere indistinguibili la variazione per approfondimento dall’innovazione radicale.

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Fu nel 1935 tra i promotori del movimento dell’Arte concreta in Argentina e, in Germania, nel 1954 fu tra i fondatori della Hochschule fur Gestatung di Ulm, dove insegnò fino al 19656, passando poi fino al 1970 all’Università di Princeton. Nel 1967 si trasferì in Italia dove nel 1971 fu fra i fondatori del corso DAMS dell’Università di Bologna e, al Politecnico di Milano, coordinò il primo corso di laurea italiano in Disegno industriale, per contribuire poi allo sviluppo dei corsi di Design dell’Università IUAV di Venezia. Autore di numerosi saggi, fu direttore della rivista Casabella dal 1979 al 1983.

MOTIVAZIONE

Per aver illustrato la cultura del disegno industriale attraverso un’intera vita di studi e di lavoro, esercitando un fascino intellettuale che ha costantemente accompagnato lo sviluppo del Disegno Industriale a livello internazionale. Della sua vasta opera, mentre si segnalano gli studi illuminanti, antichi e recenti, sulla cultura materiale, si vuole ricordare l’intensa attività didattica che, espressa magistralmente alla Hochschule fur Gestaltung di Ulm/Donau (1954- 66) e poi in Italia, è culminata con la recente istituzione del Corso di Disegno Industriale del Politecnico di Milano.

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Laureato in architettura a Milano nel 1948, collaborò all’allestimento della VIII e della IX Triennale. Visiting professor all’Illinois Institute of Technology (1953-54), progettò tra l’altro il sistema Cavalletti (Agape, 1953), le lampade Lesbo e Saffo (Artemide, 1967), la sedia Tre 3 (Skipper, 1978). Negli anni ’60 insegnò all’Istituto Superiore di Disegno Industriale di Venezia, poi nelle facoltà di Architettura di Palermo e Firenze, quindi al Politecnico di Milano, dove nel 2002 ricevette la laurea honoris causa.

 

MOTIVAZIONE

Per la sua intera opera e in particolare per la capacità di interpretare i materiali, di trasferire ai beni industriali le forme dell’immaginazione colta e di conferire ai prodotti una permanenza nella cultura, al di là della datazione.

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MOTIVAZIONE

Tra i protagonisti della cultura italiana dell’arredamento, ha saputo presentare un’offerta di prodotti disegnati con costante dignità, sicura qualità e ampia visione del contesto culturale.

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Per aver costituito in sessant’anni di lavoro di progettista e di artista uno dei più straordinari esempi di intelligenza sensibile, di humor critico, di umanità nel progetto e soprattutto di superamento felice di ogni barriera alla creatività.

 

MOTIVAZIONE

Per aver costituito in sessant’anni di lavoro di progettista e di artista uno dei più straordinari esempi di intelligenza sensibile, di humor critico, di umanità nel progetto e soprattutto di superamento felice di ogni barriera alla creatività.

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Diplomato ad Amsterdam nel 1950, a Milano dal 1956, divenne nel 1961 art director di Pirelli e, dal 1963 al 1964, consulente artistico alla Rinascente. Fondò con Gregorietti e Vignelli Unimark International (1965), progettando la segnaletica delle metropolitane di New York, San Paolo e Milano. Lavorò per case editrici (Vallecchi, Sansoni, Feltrinelli), e progettò le corporale identity di AGIP, Dreher, Chiari&Forti, Mitsubishi. Vincitore di tre Compassi d’Oro oltre a quello alla carriera, progettò l’immagine coordinata di ADI e il marchio ADI Design Index (1999).

 

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Per la sua opera caratterizzata da eccezionali contributi sia alla prassi della comunicazione visiva, con l’interpretazione e spesso il chiarimento dei messaggi, sia all’invenzione grafica che non di rado ha aperto nuove modalità espressive di valore generale.

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A riconoscimento del valore di un ceppo che ha illustrato la cultura italiana prima con Adriano e Roberto Olivetti e, negli anni più recenti, con il partecipare validamente all’impervio e complesso sviluppo della cultura delle tecnologie informatiche. Il Premio intende peraltro segnalare e incoraggiare l’attenzione convinta dell’Olivetti allo sviluppo delle nuove opportunità informatico-telematiche che stanno avviando cambiamenti epocali nella cultura e nella società.

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Per aver saputo conferire simultaneamente continuità e innovatività di intenti e di qualità alla progettazione dell’automobile iniziata da suo padre e recentemente culminata con la comparsa della dimensione etica nelle ricerche più avanzate come le tre Ethos. Inoltre per aver contribuito massimamente all’immagine italiana attraverso il design Ferrari e per aver saputo sviluppare una diversificazione di destinazione delle capacità progettuali anche in campi meno frequentati.

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Per la capacità – espressa nel corso di una vita, che si pone a paradigma del designer “completo” – di affrontare sempre ad alto livello di qualità e di suggestione i più diversi temi del disegno dei prodotti e dell’immagine.

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Prima scuola indipendente di design in Italia, fondata proprio nel 1954 dalla lungimiranza e dal coraggio di Nino Di Salvatore, ha avuto per insegnanti personalità preminenti del disegno industriale italiano formando migliaia di professionisti italiani e stranieri e, attraverso di essi, anche influendo sull’aprirsi di nuove scuole in vari Paesi del mondo.

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Per aver massimamente contribuito a inaugurare e sviluppare un’intera stagione espressiva che, caratterizzata da un alto e singolare impegno critico-polemico, ha esteso gli orizzonti del progetto a fattori, spesso essenziali, di complessità della vita da lui ineditamente portati alla luce.

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Laureato in Architettura a Venezia (1948) esordisce nello studio Architetti Valle del padre continuandone l’attività. Nel 1951 studia alla Harvard Graduate School of Design. Tornato in Italia, collabora con Solari disegnando orologi a cifra e teleindicatori per aeroporti (1957 – 1963). Lavora poi per la Zanussi e insegna in varie università in Europa, USA e Sudafrica. Fra i progetti architettonici la sede della Zanussi a Pordenone (1961), la Banca Commerciale Italiana a New York (1981), la ristrutturazione del Teatro Olimpia di Parigi (1996). Due Compassi d’Oro oltre a quello alla carriera.

 

MOTIVAZIONE

Per aver aperto, attraverso il rinnovamento organizzativo del processo di progettazione specie nella grande impresa con esiti progettuali eccellenti, ha aperto nuove prospettive al progetto dei beni industriali complessi.

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Laureato in Architettura nel 1939 a Milano, è redattore di Casabella dal 1953 al 1956 e collabora con Arflex, Necchi e Borletti. Dal 1959 progetta con Richard Sapper per Brionvega televisori (Doney, 1962) e radio (Cubo, 1964). Nel 1964 inizia a collaborare con Kartell e con Siemens e progetta con Sapper il telefono Grillo (1967). Suoi i progetti per i complessi Olivetti in Argentina e Brasile (1961), gli stabilimenti Necchi a Pavia (1961), il Piccolo Teatro di Milano (1978). Nel 1956 partecipa alla fondazione dell’ADI, della quale è presidente dal 1966 al 1969. Sei i Compassi d’Oro oltre a quello alla carriera.

 

MOTIVAZIONE

Uno dei più grandi maestri della progettazione industriale e uno dei più convinti e capaci animatori della cultura del progetto degli ultimi cinquant’anni.

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MOTIVAZIONE

La Fantoni – cui è assegnato il Compasso d’Oro alla carriera – è un’impresa che sa tradurre l’attività di produzione di un materiale – il Medium Density – in una costante ricerca propositiva, metaprogettuale e progettuale, per la sua appropriata traduzione in prodotti finali; facendo evolvere la tradizione, tutta italiana, del “design primario”.
Sul fronte dell’evoluzione delle più diverse nature e strutture reologiche attribuite alle specifiche destinazioni delle varianti del materiale e delle sue finiture, Fantoni ha esplorato ed esplora non solo le più convenienti possibilità della loro applicazione, bensì quelle per la riduzione dell’impatto ambientale – dalla foresta, ai processi di produzione, all’uso finale dei materiali stessi.
I prodotti che, risultati dalla ricerca sui materiali, Fantoni presenta direttamente al mercato finale costituiscono, peraltro, anche proposte paradigmatiche in accordo con le più avanzate pratiche della “collaborazione competitiva”, in quanto esempi di possibilità anche altrove ed ulteriormente sviluppabili.
La stessa fabbrica di Osoppo – ideata e fatta crescere nel tempo dalla mano di Gino Valle – costituisce uno dei casi-principe di un intelligente, sensibile e qualificante inserimento nel paesaggio, al punto da dimostrare – in positivo – la nota tesi secondo cui il paesaggio è in primo luogo il risultato della presenza dell’uomo.
L’immagine dell’impresa – risultante dal coerente tratto espressivo di tutte le realizzazioni – diviene dunque un esempio di quel total design verso il quale si vanno orientando le imprese davvero eccellenti.

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Fontana Arte – fondata da Gio Ponti nel 1932 come divisione “artistica” di Luigi Fontana – è un’impresa che si sviluppò come centro di ricerca dei caratteri peculiari del vetro, con esiti che ne fecero una delle protagoniste del disegno italiano dell’anteguerra.
Il Compasso d’Oro alla carriera a Fontana Arte – insieme al ricordo dei progetti ormai classici di Ponti e di Pietro Chiesa – intende soprattutto indicare ad esempio il rigoroso intervento ormai ventennale che, guidato da Carlo Guglielmi con il suo cast di manager, ha saputo riscattare l’impresa e il suo nome da passati errori imprenditoriali e culturali attraverso un radicale mutamento di orientamenti, il ricupero della cultura all’impresa e una coraggiosa diversificazione tematica, peraltro in continua evoluzione. 

E intende riconoscere come la predisposizione di un intelligente clima creativo abbia potuto adeguatamente coinvolgere progettisti che, non solo nei prodotti, ma nella grafica, negli allestimenti e in ogni gesto della comunicazione – in una parola, nell’immagine complessiva – hanno contribuito a riqualificare al massimo livello uno dei nomi storici della produzione e del prestigio italiani, e non solo nell’arredamento.

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Modellista meccanico, nel 1951, attratto dal disegno industriale, diventò da modellista per fonderia modellista di design per l’industria, collaborando con  Nizzoli, Albini, i fratelli Castiglioni, Sottsass, Zanuso, Giò Ponti, Munari per aziende come Olivetti (Lettera 22, 1950), Necchi (macchina da cucire Mirella, 1956), Brionvega (TV Doney, 1962), Siemens (telefono Grillo, 1965), Alessi (caffettiera Cupola, 1988). Al termine della sua attività aveva realizzato 8000 plastici e 25.000 modelli di design.

 

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Giovanni Sacchi rappresenta, da decenni, il modello dei prodotti disegnati da tutti i migliori. Il primo – cinquant’anni fa, esatti – quello di Marcello Nizzoli per Olivetti, la Lexicon. L’ultimo è ancora da fare.
I suoi modelli, fin dal primo, sono nati da un sodalizio di lavoro, di sensibilità e di pensiero: Sacchi è spesso la mano che pensa nel legno insieme con la testa degli altri; che rende vero il penser avec les mains di Denis de Rougemont diventando – senza mai tradire – l’interlocutore d’una ricerca. Persino quando realizzava i modelli funzionanti delle macchine di Leonardo e ne indovinava le soluzioni inespresse nei disegni: si può dire che per Sacchi il Codice Atlantico ha meno misteri che per i critici e gli studiosi. 

Per il progettista, la sua sgorbia diventa una matita, e questa diventa, attraverso la sua mano, un ferro; poiché – capace di simulare nel legno i materiali definitivi – sa superare i limiti astratti del disegno; sa sempre diventare un collaboratore; e per di più, disponibile, dedicato, infaticabile. Senza scegliere intenzionalmente, Sacchi ha finito per scegliere di fatto, a causa della sua perizia, le punte del design italiano; mentre molte imprese hanno deciso di produrre proprio in base alla percezione e al giudizio indotti dal suo modello; che si pone dunque come interfaccia tra l’idea e il progettista, e tra questo e il committente. In questo senso, la responsabilità – e il merito – di molte conquiste si debbono anche a lui. 

A questa sua carriera straordinaria e peculiare – che ha diffuso nelle raccolte e nelle collezioni, negli studi di progettazione e negli archivi d’impresa, un museo ideale di modelli finali, provvisori, transitori eppure testimoni irripetibili del processo che ha portato all’esito finale – non poteva mancare il Compasso d’Oro. 

Nel 1998, a cinquant’anni dal primo successo; e a due terzi di secolo dal suo primo lavoro. 

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Pioniere della grafica in Italia, nel 1939 aprì con la moglie Lica a uno studio a Milano realizzando nel 1945 per Einaudi la collana “Politecnico Biblioteca”. Dal 1946 al 1948 in Messico, ritornò a Milano dove dal 1950 al 1958 fu art director della Rinascente, per la quale disegnò il marchio del Compasso d’Oro. Socio fondatore dell’ADI, collaborò con istituzioni culturali e aziende, dedicandosi in particolare alla grafica editoriale per Feltrinelli (1955-1965) e Zanichelli. Insegnò fino al 1958 al Collegio Rinascita e dal 1959 alla Scuola del Libro della Società Umanitaria.

 

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Albe Steiner, nato nel 1913 e prematuramente scomparso nel 1974, ha caratterizzato fin dal 1933, un’intera stagione della grafica italiana, intrecciata – nella più radicale ed avanzata tradizione espressiva dei Rodcenko – con l’impegno politico e civile.
Uomo di vastissimi interessi culturali e sociali, convinto che “la libertà è cultura”, nell’immediato dopoguerra Albe Steiner impostava la mitica rivista “Il Politecnico” di Elio Vittorini, realizzava con Gabriele Mucchi la Mostra della Liberazione della Ricostruzione, collaborava con Hannes Meyer già direttore del Bauhaus, e lavorava intensamente nell’umanitaria di Milano, anche come direttore della Scuola del Libro da lui voluta.

Animatore del Centro Studi della Triennale, fondatore del Sindacato Artisti, del Centro di Studi Grafici, dell’AGI (Alliance Graphique Internationale), dell’ADI, dell’ANEDI e dell’ICTA – oltre a curare innumerevoli produzioni editoriali pubbliche private e di partito – pubblicava le storiche dispense didattiche ‘a distanza’ di storia e tecnica del manifesto per l’Accademia di Roma, curava il ‘libro scientifico sperimentale’ della Zanichelli e impostava collane e riviste per Feltrinelli. Il suo apporto a la Rinascente, specie nella fase dell’istituzione del Compasso d’Oro, diede un carattere inconfondibile all’immagine del premio; mentre le altre realizzazioni culturali e commerciali del grande magazzino sono ricordate anche per i suoi sempre illuminanti interventi, non solo strettamente grafici, che contribuirono segnatamente a distinguerlo, anche sulla scena internazionale. 

Collaboratore di varie Biennali di Venezia, delle Coop, della RAI e di Pirelli, Olivetti, Bemberg, Linoleum, Heller, Bertelli, Geigy, Cedit, Necchi, Lark, Aurora, concepiva l’intera immagine della Pierrel che resta una pietra miliare nella storia della grafica e del packaging non solo farmaceutici. Entusiasta, infaticabile, coraggioso, Albe Steiner è stato uno dei grandi maestri di vita e di sapere, che hanno saputo accompagnare la professione e la politica con l’impegno didattico e con la generosa cura dei giovani. La sterminata biblio/emeroteca e la raccolta grafica che ha lasciato sono, specie oggi, un punto di riferimento prezioso per la documentazione degli anni ruggenti che lo hanno visto protagonista. 

Non si può concludere questa motivazione per Albe, così pleonastica per chi conosce la storia del design, senza citare Lica, la compagna apparentemente fragile che lo ha sempre affiancato con grande intelligenza anche professionale, con ricambiato affetto e persino con caparbia nelle fasi difficili e dolorose. Lica Steiner, cui viene consegnato il Premio perché lei stessa lo abbia, tra le cose vissute con lui e mai perdute.

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Dopo aver lavorato a cortometraggi sperimentali alla Pagot Film, dal 1947 al 1950 lavorò presso lo studio Ciuti e per Finmeccanica. Dal 1956 al 1965 fu socio dello studio CNPT con Confalonieri, Negri, Provinciali. Autore di campagne pubblicitarie (Alfa Romeo, FAI, Alitalia, Bassetti, Ottagono, Splugen) e del progetto grafico della rivista Stile Industria, lavorò nel campo dell’animazione con Bruno Bozzetto. Dal 1967 al 1970 art director di Pirelli, fu nel 1955 tra i fondatori dell’AIAP Associazione Italiana Design della Comunicazione Visiva.

 

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La ricerca visiva ed espressiva di Pino Tovaglia, prematuramente scomparso a 54 anni nel 1977, è stata tra quelle dominanti – eppure discretamente e quasi timidamente, come il suo autore – nel paesaggio culturale degli anni dello sviluppo nel dopoguerra; lasciando segni indelebili nella cultura grafica, non solo italiana. 

Superando le distinzioni tra generi formali in base alle sole differenze tecniche – come nell’ormai famosa serie della Finmeccanica negli anni di Leonardo Sinisgalli in cui, per la prima volta, la fotografia al tratto e quella “bruciata” si integrano nel contesto grafico – Pino Tovaglia ha grandemente contribuito, nella pratica, all’affermarsi della tesi avversa a quei “generi letterari” che in quegli anni ostacolavano l’autenticità espressiva.
Autore di memorabili marchi – da quelli di Nebiolo ed “Ottagono” a quello della nuova Alfa Romeo – co-autore del marchio della Regione Lombardia, Pino Tovaglia sviluppò famose campagne pubblicitarie come quelle per la Pirelli degli anni di Arturo Castellani, per la Splugen degli anni di Aldo Bassetti, e per Total e Lanerossi; attività che gli valsero la Palma d’Oro della pubblicità. Fondatore e presidente dell’Art Director’s Club di Milano ed egli stesso art director di riviste come “Pirelli” e “RAI”, consulente de la Rinascente negli anni di Giovanni Bordoli, e di Italia Nostra, Mondadori, Flos, Einaudi, insegnò alla Scuola Superiore d’Arte del Castello, all’Umanitaria e a Urbino, avviando poi il corso di immagine coordinata presso la Scuola Politecnica di Design di Nino Di Salvatore già a Milano, contribuendo a formare un’intera generazione di grafici dal nuovo orientamento globalizzante.
Assertore del lavoro di équipe, ma autodidatta e ricercatore d’istinto e di ragionamento; libero e indipendente, logico e sottile, Pino Tovaglia ha saputo tradurre i grandi temi nell’esperienza del “quotidiano”; in un intento dal quale tuttora abbiamo, tutti, molto da apprendere.
È in primo luogo per questo che il Compasso d’Oro intende richiamarne la memoria.

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L’esperienza della Ferrari dimostra che per innovare è necessario rispettare le proprie radici. Ferrari rappresenta da questo punto di vista un modello industriale e progettuale unico a livello internazionale, sia sul piano dei risultati sportivi che su quello della produzione industriale. Incessante ricerca scientifica e tecnologica, una qualità estetica riconosciuta universalmente, il tutto all’interno di una cultura imprenditoriale che, mettendo al centro l’uomo, è in grado di comunicare emozioni al di là di qualunque barriera e distinzione.

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Uno dei materiali più antichi dell’uomo ritrova nella storia della Fiam una nuova dimensione progettuale, dove il design, connesso a innovazioni dei processi produttivi, ha consentito soluzioni uniche e totalmente originali. Il vetro è il principio da cui, attraverso l’ingegnosità delle trasformazioni industriali, il design di Fiam si è sviluppato e ha rinnovato l’immagine del prodotto all’interno della casa.

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Design significa declinare funzioni e materiali alla luce di diverse finalità espressive: Abet, fondata nel 1957, è riuscita a trasformare un materiale come il laminato plastico in un prodotto di alto valore simbolico in virtù delle costanti collaborazioni con i progettisti più innovativi a livello internazionale. Portando a compimento una vocazione pluridecennale, il design per Abet rappresenta il linguaggio della differenza all’interno di un mercato mondiale, nel pieno rispetto delle caratteristiche strutturali del materiale.

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Laureato in chimica, lavorò all’Olivetti e poi alla Rinascente (1955-1970) nel ruolo di collegamento tra marketing, comunicazione e prodotti. Fu tra i maggiori esponenti della cultura del design internazionale e uno dei fondatori dell’ADI. Docente al Politecnico e alla IULM di Milano, e all’Università della Virginia, diresse la seconda serie della rivista Stileindustria (1995-97). Fu presidente dell’ADI (1992-98), dell’ICSID International Council of Societies of Industrial Design (1997-2001) e della Triennale di Milano (2000-2002).

 

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Le attività culturali, organizzative e manageriali di Augusto Morello si sono sempre intrecciate con la dimensione progettuale legata al design: dall’esperienza in Rinascente alla fondazione del Premio Compasso d’Oro e dell’ADI, di cui è stato presidente dal 1993 al 1998, fino ai prestigiosi incarichi in ambito europeo e internazionale – in particolare la presidenza dell’ICSID – senza dimenticare l’attuale incarico come presidente della Fondazione Triennale di Milano. Augusto Morello rappresenta da sempre una delle personalità più importanti sul piano strategico della ricerca e del progetto, senza mai dimenticare accanto alla dimensione del fare la necessità del pensare.

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Laureato in Ingegneria chimica a Milano nel 1949, nello stesso anno fondò la Kartell, producendo accessori per auto in plastica. Fu tra i primi a intuire le potenzialità della plastica negli oggetti quotidiani, producendo oggetti domestici e complementi d’arredo. Collaborò dagli anni ’60 con i migliori designer italiani e internazionali, tra cui i fratelli Castiglioni, Aulenti, Colombo, Zanuso, Sapper e fu nel 1956 tra i fondatori di ADI, di cui fu presidente (1957-58) e vicepresidente (1992-98). Nel 2000 fondò a Noviglio (Milano) il Museo Kartell. Ai prodotti Kartell sono stati conferiti tre Compassi d’Oro.

 

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Questo Premio speciale, conferito unanimemente dal Comitato esecutivo dell’ADI e dai consiglieri d’amministrazione della Fondazione ADI per il Design Italiano a Giulio Castelli, ingegnere e fondatore di Kartell spa, è il riconoscimento per la tenacia del suo operato nella storica Associazione per il Disegno Industriale dal 1956, anno della sua fondazione, a oggi. Un’opera costante e appassionata, condotta insieme con tanti altri, nella profonda convinzione che solo dal lavoro collettivo di tutti i protagonisti del sistema design potesse nascere la volontà di testimonianza nella conservazione del passato e nell’elaborazione dei contenuti necessari per costruire il futuro. I quasi cinquant’anni di storia dell’ADI gli danno ragione.

Foto: Chris Moyse

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Dopo aver frequentato l’università di Grenoble iniziò l’attività imprenditoriale negli anni ’50 interessandosi al design scandinavo, di cui divenne la prima importatrice in Italia con la sua società ICF De Padova. Iniziò a produrre mobili per ufficio per Herman Miller in collaborazione con gli Eames, Nelson, Girard.  Negli anni ’80 cedette il marchio ICF e iniziò una produzione di mobili e oggetti con il marchio È De Padova, collaborando con Magistretti,  Castiglioni, Rams, Piano.

 

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Il grande impegno di Maddalena De Padova per la produzione e la diffusione del design, come cultura comune e di confronto dei diversi ambiti internazionali, costituisce un caso unico per coerenza e qualità nel nostro Paese. Dalla metà degli anni cinquanta a oggi, la sua ricerca rappresenta in modo esemplare la felice sintesi tra progetto (d’impresa e prodotto), produzione e distribuzione. La sua profonda conoscenza del design scandinavo, americano e italiano, dovuta alla collaborazione con alcune tra le più grandi personalità del design mondiale come Alvar Aalto, Arne Jacobsen, Charles Eames, George Nelson, Dieter Rams, Achille Castiglioni, Vico Magistretti, per citarne alcuni, unita alla sua instancabile volontà, ha fatto di De Padova un luogo di riferimento mondiale del design italiano.

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Dopo aver lavorato per Vitra di Basilea, l’azienda di famiglia, nel 1970 è stato editor e produttore alla Bavaria Film Company di Monaco di Baviera e dal 1973 al 1977 coordinatore della Camera Bavarese degli  Architetti. Nel 1977 ha assunto la guida di Vitra, ispirandosi nella strategia dei prodotti al design di Charles e Ray Eames e nel 1989 il Vitra Design Museum. Nel 1960 ha iniziato a collaborare con importanti designer italiani, tra cui Mario Bellini, Antonio Citterio, Alberto Meda.

 

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Personalità di fama internazionale, ha contribuito alla grandezza di Vitra, azienda svizzera di primaria importanza nella cultura del design contemporaneo. La sua visione, che allarga l’orizzonte dell’impresa fino al ruolo sociale di agente proattivo dell’intero settore, ha nel Vitra Museum la rappresentazione più illuminata della grande tradizione industriale europea.

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Una vocazione pluridecennale di approfondita ricerca di design e comfort, in un ambito specialistico dalle profonde diversità culturali nazionali, è all’origine dell’affermazione di questa azienda in campo internazionale. L’eccellenza della sua produzione e comunicazione, in tutto l’arco della sua storia, rappresenta un contributo alla valorizzazione del design italiano e dei suoi prodotti nel mondo.

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Cultura del prodotto, ingegneria creativa e coraggio imprenditoriale fanno della Piaggio la protagonista di una delle più affascinanti avventure del design italiano. Nell’aprile del 1946 nasce la Vespa, lo scooter per eccellenza, il più venduto e il più imitato al mondo con caratteristiche innovative quali la carrozzeria portante, la forcella anteriore monobraccio e la trasmissione diretta alla ruota. Nasce poi Ciao nel 1967, seguito da tanti nuovi prodotti fino a Sfera, il primo scooter con carrozzeria in plastica Premio Compasso d’Oro ADI 1991. Nel 2001 col marchio Gilera vince il titolo mondiale nella classe 125cc. Protagonista della motorizzazione di massa, la Piaggio è un’impresa italiana creatrice di stili, comportamenti e miti della modernità.

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La sua energica azione come designer, imprenditore e mercante ha scosso sin dai primi anni sessanta il tradizionalista mercato inglese per esplodere nell’amata Francia con la catena di negozi Habitat, innovativi tanto per il design dei prodotti e quanto per le tecniche di vendita. Perduto in Borsa il controllo della sua azienda ritrova il successo con una nuova collezione di prodotti e una nuova catena di negozi a suo nome. Grazie al suo eccezionale talento è divenuto baronetto d’Inghilterra, il primo Sir del design.

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Autodidatta autonomo e rigoroso, animato dalla passione per il bello e affascinato dall’innovazione, sin dalla fine degli anni sessanta ha saputo fare del suo negozio di Catania un punto di riferimento per il mercato italiano del design. Il suo lavoro caparbio di mercante coraggioso e di divulgatore, portato avanti in condizioni geograficamente sfavorevoli, ha contribuito a far conoscere e apprezzare le migliori aziende e i migliori prodotti italiani e stranieri, assai prima che venissero alla notorietà.

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Il suo lavoro di oltre quarant’anni come docente, critico, storico e teorico del design ha offerto a più di una generazione di studenti e addetti ai lavori strumenti di studio e di riflessione di grande utilità e valore. Con op.cit., la rivista da lui fondata che ancora dirige, ha seguito e analizzato il percorso del design italiano dagli ani sessanta ad oggi alla luce della parallela evoluzione dell’Arte e dell’Architettura. I suoi libri hanno notevolmente contribuito alla definizione disciplinare del design.

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Tra i più importanti architetti italiani del dopoguerra appartiene al ristretto gruppo dei maestri precursori e fondatori del design italiano. La sua opera di designer è caratterizzata da una rara sintesi di rigore espressivo, di padronanza del linguaggio formale e di sapere tecnologico. Un contributo oggettivo alla definizione stessa di cosa sia il design italiano e dell’originalità dei suoi contenuti. Un riconoscimento tardivo per un grande maestro che ha sempre lavorato al di sopra degli ideologismi.

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Nei primi anni del dopoguerra, quando la parola design non faceva ancora parte del lessico allora in uso, Gavina comincia la sua eccezionale avventura di inesausto creatore e operatore maieutico, sempre curioso, sempre fuori o ai margini degli schemi preesistenti, sempre la servizio dell’innovazione, sempre a cavallo tra arte e design, tra etica ed estetica, tra impresa produttiva e azienda editoriale. Una avventura umana terminata nel 2007 che ha disegnato un itinerario culturale destinato a continuare nel tempo.

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Dietro l’apparente rinuncia alla tecnologia, che rappresenta un elemento distintivo del suo lavoro, si cela invece una costante ricerca della tecnologia adeguata, quella giusta, senza nulla di più e nulla di meno. Il design di Milá nasce da una riflessione sui problemi concreti, liberata da pregiudizi e postulazioni teoriche. Per lui, che confessa di non essersi mai troppo interessato all’elaborazione di una definizione di design, “il miglior design è quello che si realizza con il minimo di elementi”.

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L’itinerario di tutta la sua opera lo colloca tra i maestri del progetto grafico contemporaneo. La sua grande cultura, l’attenzione continua per le suggestioni delle avanguardie artistiche e il suo profondo umanesimo sono un’indicazione di libertà, altra, che gli ha consentito il superamento degli schemi disciplinari e delle mode. Una lezione, la sua, eccezionalmente utile per l’educazione delle nuove sensibilità che operano nel mondo della comunicazione.

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Architetto nella più colta accezione del termine ma anche precoce designer ha progettato, nel lungo sodalizio con Afra Bianchin, alcune delle icone più rappresentative del design italiano. La sua attenzione ai processi produttivi, all’innovazione tecnologica e formale e, soprattutto, la sua continua e appassionata ricerca volta a reinventare l’uso dei materiali, sono divenute parte significativa della riconoscibilità del design italiano. Nel suo lavoro tradizione e innovazione si saldano in una delle lezioni più alte e coerenti di metodo e liberà creativa.

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Laureata al Politecnico di Milano nel 1951, ha iniziato lattività professionale nel 1963, occupandosi di architettura civile e disegno industriale. Ha progettato in Italia e allestero case unifamiliari, appartamenti, allestimenti museali, uffici, negozi. Nellambito del disegno industriale si è occupata del progetto di elementi per larredo e componenti per ledilizia. Ha tenuto conferenze e lezioni a Berkeley, Barcellona, San Paolo del Brasile, Rio de Janeiro, Detroit e Los Angeles. Dal 1981 al 1983 ha insegnato Progettazione architettonica e Disegno industriale e Arredamento presso la facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Ha fatto parte del consiglio di amministrazione della XVI Triennale di Milano e nel 1986 ha partecipato alla mostra Progetto domestico, allestita dalla XVII Triennale. Ha ottenuto numerosi premi italiani e internazionali, ed è autrice di Le dimensioni umane dellabitazione (1980), La dimensione del domestico (in La casa tra tecniche e sogno, a cura di Marisa Bertoldini, 1988) e Progettista a committente (in Struttura e percorsi dellatto progettuale, 1991). 

 

 

Foto: Federico Ambrosi

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Di nazionalità svizzera, nato nel 1936, ha studiato architettura a Losanna e ad Amburgo. Storico e critico dell’architettura e del design, ha insegnato presso la Hochschule für angewandte Kunst di Vienna, la Hochschule der bildende Künste Saar di Saarbrücken e l’ISIA di Firenze. È stato direttore del Kunsthaus di Amburgo, dell’Internationales Design Zentrum di Berlino (IDZ) e del Centre de Création Industrielle (CCI) presso il Centre Georges Pompidou di Parigi. È autore di numerose pubblicazioni nel campo dell’arte, dell’architettura, del design e delle arti applicate, ed è stato direttore delle riviste “Traverse”, “Domus”, “Crossing” e “Rassegna”. Autore, curatore e responsabile di numerose mostre e congressi d’architettura, d’arte e di design in Austria, Belgio, Finlandia, Germania, Italia, Slovenia, Spagna, Svizzera e Stati Uniti, è consulente d’imprese e istituzioni in Austria, Francia, Germania e Italia, e responsabile delle riedizioni della Gebrüder Thonet Vienna.

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Nata a Sondrio il 12 novembre 1921, studia al Collegio Reale delle Fanciulle di Milano e frequenta i corsi di Francesco Messina all’Accademia di Brera, dove si diploma in Scultura. Per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta lavora all’ufficio artistico della Società Ceramica di Laveno, prima con Guido Andloviz, protagonista della storia del progetto italiano del Novecento, e poi succedendogli. Negli anni Settanta viene chiamata a dirigere il centro artistico della Richard Ginori, curando tutti gli articoli in produzione. Dopo l’istituzione della Pozzi-Ginori sceglie di dirigere il settore relativo alla progettazione di sanitari e piastrelle. Dal 1978 opera come consulente e freelance, mettendo a punto una numerosa serie di prodotti per diverse aziende (tra cui i sanitari per Cesame e la rubinetteria per Raf) e affrontando, a ogni scala del progetto (dall’architettura al gioiello), le tipologie e i materiali più diversi: dalla ceramica, al vetro, al metallo. Molte delle sue creazioni sono esposte in musei di tutto il mondo, tra cui il MoMA di New York.

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Nato a Lecco nel 1951, ha iniziato la sua carriera al Centro Stile Fiat nel 1972, passando nel 1975 allo Studio Bonetto di Milano come responsabile del design degli interni. Dal 1979 al 1986 è stato responsabile del car design presso l’Istituto IDEA di Torino e, dopo una breve esperienza presso la Trussardi Design Milano, ha lavorato per Alfa Romeo come responsabile del Design Centre di Milano. Nel 1994 è stato nominato responsabile dello sviluppo dei nuovi modelli del Design Centre di Fiat e Alfa Romeo, per cui ha disegnato la 156 (1997) e la 147 (2001). Passato al Design Centre SEAT nel 1999 ha curato, tra gli altri, i progetti dei concept car Salsa e Tango, oltre ai modelli León, Altea e Toledo. Dal marzo 2002 è stato responsabile del design dei marchi del Gruppo Audi (Audi, Lamborghini e SEAT), ottenendo il premio “L’auto più bella del mondo” nel 2004 per l’Audi A6 e per la Lamborghini Murciélago Roadster. Dal 2007 è responsabile del design del Gruppo Volkswagen, di cui segue tutti i marchi e per la quale ha curato la sesta generazione della Golf (2008) e la nuova Polo.

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Ha vissuto intensamente il periodo dellaffermazione del design italiano insieme con Sergio Gandini, suo compagno dalla prima giovinezza, di cui ha condiviso e ispirato le scelte con libertà e passione. Insieme decisero nei primi anni Sessanta di lasciarsi coinvolgere dal mondo che sarebbe poi stato definito design italiano” iniziando dalla distribuzione e aprendo a Brescia il negozio Stile”, dove Piera Pezzolo Gandini svolgeva le funzioni dellamministrazione, delle vendite, della gestione del magazzino, della logistica e della cura dellimmagine. Qui organizzò anche mostre di artisti e designer: da Mario Ceroli ai Mirabili, agli Archizoom, a Mario Botta, ad Antonia Astori, contribuendo alla diffusione capillare della cultura del design. Stile” ebbe un ruolo importante anche nelle scelte innovative inerenti la conduzione di Flos, azienda di illuminazione presieduta dal 1965 da Sergio Gandini. Fermamente convinta delloriginalità dellincontro tra imprenditore e designer, si dedica attualmente alla costruzione dellarchivio storico Flos.

 

Foto: Studio Allegri

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Da oltre cinquantanni si occupa di design della comunicazione visiva, di ricerca sperimentale e metodologia operativa, collaborando con le principali industrie italiane. Dalla sua esperienza professionale sono derivati alcuni testi didattici abbastanza noti, pubblicati da Lupetti Editori di comunicazione, da Corraini Edizioni e da Franco Angeli. Dal 1999 è contitolare di un laboratorio di Teoria e prassi del progetto, presso la Scuola del Design del Politecnico di Milano. Dove, inoltre, da cinque anni dirige un corso di alta formazione in Type Design. È stato presidente dellArt Directors Club Milano, Chairman BEDA, presidente Icograda e presidente ADI dal 1999 al 2001, dando vita alla Fondazione ADI per il Design Italiano. Nel corso della sua carriera ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui un Gran Premio Internazionale alla XIII Triennale di Milano; due premi Compasso dOro ADI nel 1979 e un terzo nel 2004; la Medaglia 2008 per il design dallUniversità Anahuac Mexico Norte. Nel 2002 gli è stata conferita dal Politecnico di Milano una laurea ad honorem in Disegno industriale. 

 

Foto: Monica Fumagalli

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Dal 1969 ha ampliato la sua sfera professionale dal Giappone all’Italia e alla scena internazionale, in qualità di designer dell’ambiente e di prodotti industriali. Ha progettato numerosi prodotti di successo, dall’arredamento ai televisori LCD, dai robot agli elettrodomestici e ai complementi d’arredo. Negli anni recenti si è dedicato alla formazione, tenendo seminari e laboratori in Giappone, in Europa e in Asia. Continua, come ha sempre fatto, a coltivare l’attenzione per le tecniche artigianali tradizionali e lo sviluppo delle attività produttive locali.

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Nato a Novara nel 1932, inizia negli anni Cinquanta le sue ricerche sulla percezione visiva, sulla psicologia della visione e sulla programmazione di strutture percettive. Esponente dellArte Programmata e Cinetica, coordina nel 1963 il gruppo Nuova Tendenza. Parallelamente inizia lattività di designer occupandosi anche di grafica e di architettura, e collaborando tra gli altri con Danese, Driade, Magis, Olivetti, Robots, Zanotta. Ha partecipato alla Biennale Internazionale dArte di Venezia nel 1968, nel 1978 e nel 1986; a Documenta di Kassel nel 1968. È stato consulente per lArredo Urbano del Comune di Milano e, dal 1976 al 1979, presidente dellADI. Ha ottenuto per quattro volte il Compasso dOro. È membro del Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma, nel cui archivio sono raccolti circa novemila suoi disegni originali. Tra le sue numerose pubblicazioni i volumi Funzione della ricerca estetica (1970), Ipotesi di rifondazione del progetto (1978), Progetto e passione (2001), Autoprogettazione? (2002), La valigia senza manico (2004), Lezioni di disegno (2008), 25 modi di piantare un chiodo (2011). 

 

Foto: Jonathan Xerra

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Nato nel 1932 sull’isola di Reichenau, sul lago di Costanza, si è formato come tipografo in Germania e in Svizzera. Dal 1954 al 1958 ha studiato grafica a Monaco di Baviera e dal 1960 al 1963 ha lavorato come designer indipendente a New York e a San Francisco. Nel 1966 ha fondato a Monaco la società Design M per produrre le sue lampade. Nel 1989 ha presentato le sue ricerche non commerciali sulla luce alla Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi e nel 1999 ha collaborato con Issey Miyake. Tra i numerosi riconoscimenti internazionali il Lucky Strike Designer Award (2000), il Georg Jensen Prize (Copenaghen, 2002), il Fourth Oribe Award (Giappone, 2003), il Premio Design della Repubblica Federale Tedesca (2010). È Chevalier des arts et des lettres della Repubblica Francese dal 1986 ed è stato nominato Royal Designer of Industry dalla Royal Society of Arts di Londra (2005). Ha ricevuto la laurea honoris causa dal Royal College of Art di Londra (2006). Nel 2010 un’antologica della sua opera – Complete with Bulb. Light by Ingo Maurer – è stata allestita al Bauhaus-Archiv di Berlino.

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Il design nelle università italiane ha avuto un significativo sviluppo negli ultimi ventanni. A questo ha contribuito in modo particolare il Politecnico di Milano che ha saputo istituire sopra le proprie storiche radici (si pensi al legame tra lateneo e alcune figure straordinarie della storia del design quali Gio Ponti, Franco Albini, Achille Castiglioni e Marco Zanuso) il primo corso di laurea in Disegno industriale e successivamente, a partire dal 2002, la Facoltà del Design, oggi denominata Scuola del Design. Ciò è avvenuto per limpegno di molti, tra cui ci piace ricordare Tomás Maldonado e Alberto Seassaro, primo preside della Facoltà del Design. Il design al Politecnico di Milano è oggi un sistema integrato di competenze che opera, tra formazione e ricerca, attraverso le proprie strutture quali il Dipartimento INDACO (Disegno Industriale, Arti, Comunicazione e Moda), a cui fanno riferimento il Dottorato di Ricerca di Design e il Sistema dei Laboratori, e il Consorzio POLI.design. Punto di incontro di culture diverse, in forte dialogo con il mondo professionale e imprenditoriale e con i principali centri internazionali di ricerca e formazione, il design al Politecnico ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione a Milano di una comunità scientifica di riferimento.

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Fondata da Carlo Petrini nel 1986, è diventata nel 1989 un’associazione internazionale. Oggi, con il diffondersi della rete di Terra Madre, conta 100.000 soci nel mondo, uffici nazionali in Italia, Germania, Svizzera, Stati Uniti, Francia, Giappone, Regno Unito, Olanda e aderenti in 130 paesi. Slow Food significa dare la giusta importanza al piacere legato al cibo, imparando a godere della diversità delle ricette e dei sapori, a riconoscere la varietà dei luoghi di produzione e degli artefici, a rispettare i ritmi delle stagioni e del convivio. Ma con un nuovo senso di responsabilità: una prospettiva che Slow Food ha chiamato eco-gastronomia, capace di unire il rispetto e lo studio della cultura enogastronomica al sostegno di quanti nel mondo si adoperano a difendere la biodiversità agroalimentare e dei luoghi conviviali che per il loro valore storico, artistico o sociale sono parte del patrimonio della cultura materiale.

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Nato a Vigevano nel 1926, ha fondato con Vittorio Gregotti e Lodovico Meneghetti lo studio Architetti Associati (1953-1968) e ha poi aperto un suo studio, occupandosi di architettura, di urbanistica e di design. In quest’ultimo settore ha collaborato tra gli altri con i marchi Acerbis, Driade, Heller New York, La Rinascente, Kartell, Raak Amsterdam, Rexite, Uchida Tokyo, Zanotta. Sue opere sono nelle collezioni permanenti del MoMA di New York (lampada 537 Arteluce) e del Victoria Museum di Londra (mobile Sharaton). Ha partecipato a numerose Triennali di Milano e, nel 1972, alla mostra Italy: The New Domestic Landscape al Museum of Modern Art di New York. Nel 1988 ha tenuto il corso di Tecnologia dei Materiali presso la facoltà di Architettura di Palermo. Socio ADI dal 1960, ha fatto parte del Comitato direttivo (1966-1968, 1971-1973) e ne è stato presidente (1982-1984). Ha ottenuto due Premi Compasso d’Oro nel 1979 e nel 1991, e due menzioni d’onore nel 1960 e nel 1970.

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Fortemente orientata alla ricerca e all’innovazione Unifor progetta e produce sistemi per ufficio pensati per soddisfare le richieste di un mercato estremamente esigente. L’azione di ricerca progettuale e sperimentazione condotta da Unifor si manifesta non solo nello studio di nuovi prodotti, ma anche nell’evoluzione di quelli esistenti: anche le proposte più innovative e collaudate sono infatti costantemente sottoposte a processi di aggiornamento e miglioramento. Questi aspetti qualificanti, che caratterizzano da sempre l’attività di Unifor, si evidenziano con chiarezza nei suoi prodotti, dove le tematiche del comfort, della qualità ambientale, unitamente a quella dell’uso sapiente e non invasivo della tecnologia sono sviluppate dall’azienda attraverso una serie di proposte innovative. Specializzata nell’ambito dei grandi interventi con elevati livelli di complessità, Unifor ha consolidato un posizionamento stabile nel mercato, con una presenza prevalente a livello internazionale.

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Progetta i Mac, i migliori personal computer al mondo, insieme a OS X, iLife, iWork e software professionali. Apple sta guidando la rivoluzione della musica digitale con i propri iPod e con il negozio online iTunes. Ha reinventato la telefonia mobile con i suoi rivoluzionari iPhone e App Store, e sta definendo il futuro dei dispositivi portatili e dei media in ambito mobile con iPad.

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79 anni, è il Presidente e Consigliere delegato del Gruppo Armani, azienda leader nel settore della moda e del lusso, tra le poche con un unico proprietario direttamente coinvolto in tutte le scelte strategiche, di stile e di design. Nel 1957, abbandonati gli studi di medicina, si trasferisce da Piacenza, dove è cresciuto, a Milano, dove lavora come buyer per i grandi magazzini la Rinascente. In seguito collabora con Nino Cerruti e, come stilista freelance, con diverse aziende. Nel 1975, su suggerimento del socio Sergio Galeotti, decide di creare il proprio marchio: il 24 luglio nasce la Giorgio Armani S.p.A. con una linea di prêt-à-porter maschile e femminile. Il successo è immediato. Nel 1980 realizza i costumi per il film American Gigolo. Il successo della pellicola segna l’ascesa dello stile Armani nell’immaginario collettivo. È Grand’Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e nel 2008, a Parigi, gli è stata conferita la Légion d’Honneur. Celebrato nel 2000 con una mostra al Solomon R. Guggenheim Museum di New York, Giorgio Armani è da sempre impegnato in attività umanitarie a favore, tra gli altri, di Green Cross International. Nel 2005, lo stilista ha presentato la sua prima collezione di Haute Couture Giorgio Armani Privé. Nel 2010 ha inaugurato il primo Armani Hotel a Dubai seguito, nel 2011, da quello di Milano.

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Nato a Potenza il 1° maggio del 1931, Riccardo Dalisi ha ricoperto la cattedra di Progettazione presso la facoltà di Architettura di Napoli, presso la quale è stato anche direttore della Scuola di Specializzazione in Disegno Industriale.

Negli anni Settanta, insieme conEttore Sottsass, Alessandro Mendini, Andrea Branzi e altri, è stato tra i fondatori della Global Tools, contro-scuola di architettura e design che riuniva i gruppi che in Italia coprivano l’area più avanzata della cosiddetta “architettura radicale”. Da sempre impegnato nel sociale (fondamentale il lavoro di quartiere con i bambini del Rione Traiano, con gli anziani della Casa del Popolo di Ponticelli e, negli ultimi anni, l’impegno con i giovani del Rione Sanità di Napoli e di Scampia), ha unito ricerca e didattica, accostandosi sempre più all’espressione artistica come via regia della sua vita. Nel 1981 ha vinto il Compasso d’Oro per la ricerca sulla caffettiera napoletana.Negli ultimi trent’anni si è dedicato alla creazione di un rapporto tra la ricerca universitaria, l’architettura e il design, la scultura e la pittura, l’arte e l’artigianato, mantenendo al centro la finalità di uno sviluppo umano attraverso il dialogo e il potenziale di creatività che ne sprigiona.Nel 2012 il suo libro Acqua dueO, edito da H2o nuovi scenari per la sopravvivenza, ha vinto uno dei Green Dot Awards di Los Angeles per la sostenibilità ambientale.

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Nato a Valdagno (Vicenza), fino al 1955 vi conduce l’attività artigianale di famiglia. Si trasferisce poi a Milano dove, con Franco Meneguzzo, artista e ceramista, fonda la DEM (Danese e Meneguzzo), laboratorio di ceramica per la realizzazione di oggetti di serie e di pezzi unici modellati a mano. Nel 1957, insieme con Jacqueline Vodoz, costituisce la società Danese e inizia la collaborazione con Bruno Munari e con Enzo Mari. Prosegue con Meneguzzo e poi in proprio la produzione della ceramica, e collabora con Giovanni Belgrano, Achille Castiglioni, Michel Fadat, Marco Ferreri, il Gruppo IARD, Angelo Mangiarotti e Kuno Prey. Ceduta la società nel 1992, costituisce a Parigi l’Association Jacqueline Vodoz et Bruno Danese, con sede operativa a Milano, dove si studiano progetti di ricerca e si tengono mostre. Nel 2004 l’associazione cessa l’attività e viene costituita la Fondazione Jacqueline Vodoz e Bruno Danese, che gestisce gli Archivi storici e le Collezioni d’arte della Danese.

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Dopo la laurea in Economia e Commercio ha lavorato Milano nelle redazioni dei periodici della Etas Kompass (tra cui Architettura di Bruno Zevi), poi alla Henraux di Querceta, dove ha seguito tra l’altro i lavori della Chiesa dell’Autostrada di Michelucci e del Mandarin Hotel di Hong Kong, oltre al restauro dei paliotti dell’Abbazia di Montecassino. Nel 1970, occupandosi di marketing per Poltronova, è entrato in contatto con il design e con i gruppi fiorentini Archizoom e Superstudio. Nel 1972 ha assunto con Paolo Stefani la gestione del negozio Poltronova di Firenze.Dall’incontro con Cesare Cassina e Dino Gavina nacque poi l’idea di un grande negozio a Firenze (del cui allestimento venne incaricato Carlo Scarpa) e nel 1973 venne fondato International Design, destinato a diventare un punto di riferimento per il design in Italia. Nel 1977 ha aperto a Firenze il negozio Selfhabitat – pensato per coprire la fascia di mercato che in Europa vede protagonisti Habitat e Ikea – con sedi aMilano, Livorno,Parma. Ancora oggi è il più importante negozio di design di Firenze. È tra i fondatori del Dipartimento Distribuzione e Servizi di ADI, che nel 2012 lo ha nominato socio onorario.

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Nato a Tokyo nel 1929 e laureato nel 1955 in Design alla Università statale di Belle Arti e Musica di Tokyo, nel 1956 ha frequentato l’Art Center College of Design di Los Angeles, ampliando le sue conoscenze sul senso del disegno industriale e sulla sua incidenza sociale. Nel 1957 fondò lo studio GK Industrial Design Associates, poi GK Design Group Inc., di cui dal 1991, ricopre la carica di presidente. Il gruppo ha costituito dal 1966 undici organizzazioni e ha progettato da allora oggetti di vari settori, dai motocicli alla segnaletica, all’architettura. Kenji Ekuan ha ricoperto un ruolo fondamentale nel comitato MITI del Forum of Life Culture and Industry, e ha messo la sua esperienza e il suo sapere al servizio della promozione del design giapponese, favorendo i contatti tra i designer e il grande pubblico.A questa attività si deve la scelta di tenere per la prima volta in Asia (a Kyoto e a Tokyo) ilCongresso mondiale del design dell’ICSID e l’assemblea generale ICSID del 1973, con il titolo generale Lo spirito e le cose materiali. Presidente dell’ICSID nel 1975, Kenji Ekuan ne ha ottenuto dal 1981 il titolo di Senator. A lui si deve la costituzione a Barcellona di Design for the World. È autore di numerosi libri dedicati ai rapporti tra design e cultura giapponese, tra cui Pensieri sugli utensili quotidiani (1969)e L’estetica del contenitore per il pranzo giapponese (1970).

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Laureato in Architettura al Politecnico di Milano, si dedica all’architettura degli allestimenti, a progetti coordinati di graphic design e alla grafica editoriale. È stato art director di Domus e per sedici anni direttore responsabile e art director di Abitare. Ha progettato grandi mostre e musei e i suoi progetti grafici hanno costantemente accompagnato interventi museali e di allestimento di Mario Bellini, Achille Castiglioni e Guido Canali. Con Migliore e Servetto ha progettato il Look of the City di Torino per le Olimpiadi 2006 e per le Celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, sintetizzate dalla grande installazione luminosa sulla Mole Antonelliana. È Royal Designer ad honorem alla RSA di Londra. Tra i molti premi due Compassi d’Oro (1998, 2008) e il German Design Award 2011.

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È architetto e realizza oggetti, mobili, ambienti, pitture, installazioni, architetture. Ha diretto le riviste Casabella, Modo e Domus. Collabora con società internazionali come Alessi, Bisazza, Philips, Cartier, Swatch, Hermès, Venini ed è consulente di immagine e di design di varie industrie, anche nell’Estremo Oriente. È membro onorario della Bezalel Academy of Arts and Design di Gerusalemme ed è professore onorario alla Academic Council of Guangzhou Academy of Fine Arts in Cina. Ha vinto il Compasso d’Oro nel 1979 e nel 1981, è Chevalier des Arts et des Lettres in Francia, ha ricevuto l’onorificenza dell’Architectural League di New York e la laurea honoris causa al Politecnico di Milano e all’École normale supérieure de Cachan in Francia. È stato professore di Design alla Hochschule für Angewandte Kunst a Vienna. Nel 1989 ha aperto a Milano con il fratello Francesco, anch’egli architetto, l’Atelier Mendini, progettando edifici, strutture e infrastrutture realizzati in tutto il mondo.

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Nato nel 1932, ha studiato Architettura e Interior Design alla Werkkunstschule di Wiesbaden, interrompendo gli studi dal 1948 al 1951 per un periodo di apprendistato come falegname mobiliere. Ripresi gli studi universitari nel 1953 ha ottenuto con lodeil diploma di perfezionamento. Dal 1953 al 1955 ha lavorato nello studio di architettura di Otto Apel, collaborando tra l’altro con lo studio Skidmore, Owings and Merril (progettisti dell’ambasciata americana nella Repubblica Federale Tedesca). Nel 1955 è entrato come architetto e interior designer alla Braun, realizzando nel 1956 il suo primo progetto, seguito nel 1957 da progetti d’arredamento per Otto Zapf. Nel 1961 è stato nominato responsabile del Dipartimento di design di prodotto della Braun, di cui è divenuto direttore nel 1968. Docente di Industrial Design alla Hochschule für Bildende Künste di Amburgo nel 1981, nel 1988 è stato nominato direttore esecutivo della Braun e poi, nel 1995, Direttore esecutivo per l’Identità aziendale. Si è ritirato dalle posizioni aziendali e accademiche nel 1997. Dal 1980 ha tenuto varie mostre dei suoi lavori e ha ricevuto, tra i numerosi riconoscimenti internazionali, la laurea honoris causa del Royal College of Art di Londra. Nel 2002 ha ricevuto la Croce di Commendatore al Merito della Repubblica Federale Tedesca.

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Nasce nel 1998, quando Cosmit chiede a Marva Griffin Wilshire di creare un evento per aiutare i più promettenti giovani designer nella loro carriera, mettendoli in contatto diretto con gli espositori del Salone del Mobile. Subito diventa un osservatorio ineguagliabile della creatività giovanile internazionale. Da allora più di 9.000 ragazzi e 253 scuole internazionali di design si sono incontrati ogni aprile su questo palcoscenico dove hanno debuttato, fra i molti, Lorenzo Damiani, Patrick Jouin, Nendo, Satyendra Pakhalé, Harri Koskinen e Xavier Lust. D’eccellenza anche il Comitato di selezione, che ha visto tutti i grandi protagonisti internazionali del mondo del progetto. Dal 2005 l’evento si svolge anche nell’ambito dei Saloni WorldWide a Mosca.Nel 2007, il decimo anniversario è stato festeggiato con la mostra Avverati: 450 oggetti messi sul mercato dalle migliori aziende italiane e straniere. Per essere sempre di sostegno ai giovani il SaloneSatellite dal 2010 indice il concorso I Saloni – SaloneSatellite Award.

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Nato nel 1932 a Monaco di Baviera, ha iniziato la carriera nel Centro Stile della Daimler-Benz di Stoccarda, per trasferirsi poi a Milano dove ha aperto uno studio nel 1959. La sua collaborazione con Marco Zanuso, iniziata negli anni Sessanta, sarebbe continuata per molti anni, con la progettazione di una serie di televisori e radioricevitori per Brionvega. Dal 1980 è il principale consulente di design di IBM e Lenovo, per i quali cura la supervisione del progetto dei personal computer in tutto il mondo. Suoi i progetti del primo portatile ThinkPad, del 1992, del portatile Leapfrog (vincitore del Compasso d’Oro nel 1994) e di numerosi modelli seguenti. Ha curato il progetto e lo sviluppo di un’ampia gamma di prodotti, dalle imbarcazioni ai veicoli, dall’elettronica all’informatica, dall’arredamento agli elettrodomestici per la cucina. Ha insegnato presso università di tutto il mondo e ha ricevuto numerosi riconoscimenti. È socio onorario della Royal Society of Arts di Londrae socio dell’Akademie der Künste di Berlino. Nel 2010 ha ricevuto una laureahonoris causa dalla University of North Carolina. Nel 2012 ha ricevuto dal Presidente della Repubblica Federale Tedescala Croce al Merito della Repubblica Federale Tedesca.

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Per aver saputo coniugare, nella propria esperienza professionale, una poetica costantemente volta alla ricerca dell’essenza del gesto creativo a una particolare capacità di entrare in sintonia con le esigenze di crescita e di sviluppo di molte aziende dell’arredo. Fornisce alle imprese incontrate apporti ogni volta originali e innovativi, contribuendo in tal modo al loro successo.

Un percorso rigoroso di progetto, declinato nei diversi ambiti tematici, con sobrietà e misura, contribuendo costantemente all’arricchimento della cultura del design italiano.

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Per il suo contributo alla costruzione del Made in Italy nel mondo attraverso una visione olistica tipica del design italiano. Nel suo personalissimo percorso, innovazione e ricerca, applicazione produttiva e comunicazione, distribuzione globale e valorizzazione territoriale, risultano tutti fattori coordinati e sinergicamente finalizzati alla valorizzazione di una cultura alta di progetto. Un impegno quotidiano proiettato nella globalizzazione, eppure saldamente ancorato alla realtà italiana e al territorio di appartenenza.

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Per la coerenza progettuale con cui ha saputo coniugare design, invenzione e innovazione tecnologica, sviluppando nuovi prodotti d’uso quotidiano in grado di migliorarne la funzionalità e la gestualità. Come designer e inventore ha saputo anticipare la ricerca sui materiali che nel caso dei suoi prodotti diventano un tramite importante tra forma e prestazione. Come imprenditore ha sempre sostenuto la ricerca e dato spazio ai giovani creativi anche con la creazione di una fondazione che fa dell’innovazione il tratto distintivo.

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Per il prezioso contributo dato al progetto di design quale veicolo di conoscenza e scambio virtuoso tra culture lontane. Affascinato da giovane dalla creatività italiana, attraverso il lungo arco professionale che lo contraddistingue, è stato capace di assorbire e rielaborare le virtù inclusive di un design fatto di valori e impegno prima ancora che di forme. Anticipatore della complessa relazione tra progetto e autoproduzione, ha saputo diventare col tempo parte rilevante della cultura italiana del progetto.

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Creatività, passione, impegno sono cifre distintive del suo percorso, che ha saputo sviluppare con una coerenza mai pigra e spesso autocritica, interpretando nel tempo numerosi ruoli. Un lavoro costante alla ricerca di valori profondi e non convenzionali del “sapere fare” design, anticipatori di tematiche oggi di grande attualità. Esplora da subito le potenzialità dell’artigianato, approfondendone gli aspetti di relazione con l’industria; studia i rapporti tra individuo e contesto, prefigurando nuovi scenari per la vivibilità degli ambienti urbani.

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Per avere percorso la sua lunga carriera di designer realizzando prodotti in cui la carica di innovazione tecnologica, tipologica, materica e funzionale ha spessissimo precorso i tempi. Per avere tracciato a partire dagli anni ‘60 e ‘70 una nuova strada nel design dei prodotti per l’ambiente bagno, rivoluzionando un intero settore merceologico che da allora è profondamente mutato. Per aver trasmesso con generosità il suo sapere e le sue intuizioni alle generazioni più giovani, creando nella sua Roma un gruppo di progettisti che operano con successo in un territorio in cui il design era, allora, poco conosciuto.

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Regola ed emozione contraddistinguono il suo percorso professionale, costruito intorno a un lavoro costante fatto di discrezione ed eleganza, dove il gesto creativo non è mai disgiunto dalla sua giustificazione funzionale, sempre finalizzata a un miglioramento d’uso degli artefatti progettati. Un percorso di impegno generoso nella condivisione delle esperienze, una condivisione capace di farsi esempio per i colleghi, così come per le giovani generazioni di studenti che ha contribuito a formare.

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Per il suo costante impegno di analisi ed elaborazione teorica che hanno saputo, in questi anni, prefigurare ambiti ogni volta più allargati di applicazione del fare design oggi. Un impegno dedicato alla condivisione di un sapere legato a valori etici, di sostenibilità ambientale e al perseguimento di forme originali di innovazione sociale, sapere intorno al quale si riconoscono oggi comunità progettanti in molte parti del mondo. Un pensiero, il suo, libero da preconcetti e condizionamenti ideologici, mai utopico bensì ben calato nella realtà con l’obbiettivo di un costante miglioramento della stessa.

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Per essere sempre stato alla ricerca dell’eccellenza nelle arti e nel design, trasformando un marchio storico prestigioso in una modernissima azienda in cui design, tecnologia, artigianato e tradizione si fondono in perfetta armonia mantenendo intatta l’altissima qualità dei prodotti. Per aver creato un polo di ricerca nel cuore delle Marche, dove i migliori designer italiani e internazionali si sono succeduti realizzando prodotti iconici apprezzati in tutto il mondo. Per aver unito sempre l’aspetto imprenditoriale a quello culturale, impegnandosi costantemente in progetti di formazione che hanno coinvolto maestranze e territorio di appartenenza.

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Per l’impegno costante e prezioso dato al design in molti anni di attività da progettista di azienda, impegnato nella complessa gestione del progetto che si rivolge ai mercati del mondo con grande conoscenza e sensibilità verso le culture e gli usi di altre popolazioni. Da designer riesce a scuotere con le sue provocazioni un mondo statico come quello dell’elettrodomestico, dando forza e dignità alla forma mai disgiunta dalla funzione e proponendo al contempo soluzioni di forte impatto emotivo. Per la sua grande carica umana e professionale capace di motivare e appassionare le persone che hanno fatto parte della sua squadra di progetto.

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Imprenditore appassionato, di solida formazione manageriale cresciuta nel vivo della cultura del progetto di design, ha saputo ricercare e praticare modelli organizzativi e relazionali che hanno segnato l’evoluzione del panorama industriale e la cultura del Made in Italy. Nuovi ambiti, nuovi materiali, nuove formule di condivisione del sapere sono territori congeniali alla sua curiosità e alla sua generosità. Un percorso, il suo, contraddistinto da ultimo da un costante impegno nella diffusione dei valori del design italiano nel mondo.

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Spesso si dice che per correre veloce devi correre da solo, ma per andare lontano devi correre con altri. Massima smentita nei fatti da questi amici, prima che soci, che hanno saputo correre velocemente andando lontano e in questa corsa sempre orientandosi attraverso la cultura del design. Un impegno imprenditoriale che nel tempo si è saputo unire a un non meno importante impegno istituzionale per la diffusione e la difesa del made in Italy.

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Una carriera basata sulla fiducia costante nel valore del design e dei suoi principi ispiratori. Particolarmente importante il suo personale contributo alla conoscenza e divulgazione del design italiano nella cultura anglosassone. Imprese e progettisti del Made in Italy hanno trovato in lui, in tempi non sospetti, un concreto ed entusiastico supporto per l’ampliamento dei loro confini di influenza oltre che di mercato.

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Il suo coraggio non retorico di sperimentare il futuro è un esempio per tutta la cultura del progetto: il coraggio di sperimentare tecnologie, metodologie e linguaggi espressivi, sempre concentrato sulla visione di un design vicino all’uomo e ai suoi sogni. Durante tutto il suo percorso professionale ha spesso inaugurato ambiti inespressi per il design e in particolare quello del design degli spazi e dei servizi pubblici. Cultura vasta e articolata tra ambiti scientifici e artistici ha sempre coniugato un generoso impegno civile senza mai risparmiare il proprio contributo all’ADI, quale riferimento per la cultura del progetto Made in Italy.

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L’entusiasmo e la capacità di guardare verso il futuro contraddistinguono il suo percorso professionale nel mondo del car design realizzando numerosi progetti per numerose industrie automobilistiche. La sua lunga carriera professionale si distingue in particolare per la coraggiosa creazione per il brand BMW di un nuovo linguaggio della forma, capace di dare origine a un forte DNA che ha caratterizzato con successo una generazione di modelli d’auto divenuti un chiaro riferimento importante sul mercato automobilistico.

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Artefici, con Jonathan De Pas, di uno degli studi protagonisti del design italiano, hanno saputo con coraggio esplorare sempre nuovi ambiti e dimensioni progettuali, mantenendo inalterate nel tempo curiosità e capacità innovativa non retorica. La capacità anticipatoria di cogliere fenomeni e problematiche spesso inespresse hanno collocato il loro lavoro in una contemporaneità continua. Un esempio di metodo e intuizione che è un esempio per quanti operano nella cultura del progetto.

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Ingegnere aerospaziale, docente universitario e imprenditore, in sintesi: uomo di ingegno poliedrico. Fondatore di Artemide, da subito utilizza i processi di design come fattore distintivo e in questo lungo percorso incentiva e valorizza collaborazioni con il mondo del progetto nazionale e internazionale. Esempio coerente di come il progetto di design possa essere concreta leva strategica di crescita culturale ed economica, ha sempre operato affinché il design italiano potesse essere esempio virtuoso a livello internazionale.

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Il suo percorso culturale e professionale, iniziato in Italia all’Accademia di Belle Arti di Bologna sotto la guida di Giorgio Morandi, rappresenta certamente una traiettoria esemplare per coerenza e metodo nel mondo del design e del visual design in particolare. Pioniere del branding territoriale, ha firmato il celebre logo I Love New York e un poster per Bob Dylan, definendo un’icona della gioventù anni Sessanta e Settanta. La sua opera è sempre stata caratterizzata dall’immediatezza, dall’originalità e da un’apparente semplicità: ogni mezzo e ogni stile vengono usati per la realizzazione dei suoi progetti grafici, che spaziano dai manifesti ai logotipi, dalle cinghie per raccogliere libri alle cover di album musicali, alle pubblicità e alle illustrazioni per riviste, non ultima la proficua collaborazione con il marchio Olivetti. Professionista a tutto tondo, nel senso rinascimentale del termine, eclettico al punto di saper comprendere antico e moderno al tempo stesso.

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La ricerca dell’eccellenza in un mondo globalizzato e la valorizzazione del saper fare italiano sono tratti distintivi che hanno sempre accompagnato il suo percorso. Saper guardare lontano senza perdere il contatto con il proprio territorio è azione di per sé meritevole, ma averla realizzata costantemente attraverso la pratica quotidiana del design a trecentosessanta gradi è fatto importante per l’intera cultura del progetto e del Made in Italy.

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Interprete coerente della tradizione editoriale di famiglia, ha saputo progettare e rilanciarne l’identità culturale a livello internazionale. Un’identità che ne premia i contenuti profondi con il successo editoriale. Con la sua azione costante ha contribuito in maniera fondamentale alla divulgazione dei principi del saper fare italiano nel mondo.

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Promotore e facilitatore del design italiano in uno dei suoi ambiti più riconosciuti al mondo: il transportation design. La sua attività istituzionale pubblica è stata sempre volta ad affermare il ruolo del design come cardine dello sviluppo economico nazionale in una proiezione di relazioni internazionali. L’ADI desidera inoltre riconoscergli la sua opera di intelligente e positivo ‘compositore’ nei primi anni Duemila, anni certamente tra i più difficili della lunga storia dell’ADI, superati i quali l’associazione ha assunto il ruolo di attiva e riconosciuta rappresentanza dell’intero territorio nazionale.

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Coerenza e costanza sono fattori che hanno contraddistinto il suo percorso professionale. Ricerca costante su materiali e tecniche d’avanguardia, unita alla personale intuizione di un linguaggio capace di rappresentare le nuove istanze di un mondo globalizzato nei bisogni, ma anche nei desideri, fanno di Nanni Strada attore imprescindibile nell’evoluzione del concetto di stilista di moda verso quello di fashion designer. Il suo lavoro è un esempio per impegno culturale, finalizzato a superare il concetto di stagionalità o sartorialità dell’abito, un impegno indirizzato verso il concetto di ‘abito come elemento puro’ perseguito con coerenza e coraggio.

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Precursore del rapporto tra edificio e verde, ha concretizzato veri e propri manifesti ‘vivi’ di una cultura per lo sviluppo sostenibile. Ha esplorato con una poetica non consueta le relazioni tra questo modello culturale e i processi di design, anticipando coraggiosamente questioni oggi di urgente attualità rispetto alla responsabilità produttiva. Grande divulgatore della cultura del progetto di design, ha sostenuto appassionatamente nel mondo la conoscenza del miglior design Made in Italy.

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Non amando le luci della ribalta ma la sostanza delle cose, ha saputo contribuire in modo determinante alla divulgazione, allo sviluppo critico e all’insegnamento della cultura del design e della comunicazione visiva nel nostro paese. Una donna burbera e dolcissima, con uno spirito da combattente che l’accompagna da tutta la vita e le ha consentito di puntare sempre all’innovazione e al bene dei suoi studenti.

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Punto fermo per l’informazione intorno al sempre più vasto mondo del design, capace di anticipare fenomeni complessi attraverso uno sguardo mai banale o ideologico della contemporaneità, e mantenendo posizioni critiche sempre costruttive quanto originali. Ha saputo interpretare le trasformazioni del settore editoriale anche attraverso il contributo fondamentale per la realizzazione di modalità di divulgazione e di partecipazione allargate a eventi che, anche grazie alle sue visioni, hanno raggiunto dimensioni internazionali.

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MOTIVAZIONE

Il garbo nel gesto contraddistingue con coerenza, coraggiosa quanto lucida, tutta la sua attività progettuale. Un garbo basato su una sostanza metodologica assorbita nella stretta relazione con i grandi maestri del design italiano e lontano dagli eccessi della comunicazione. Un garbo capace di ascolto delle inespresse, e forse inesprimibili, istanze più profonde e intime di un uomo che, nella sua complessità, vuole restare se stesso.

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MOTIVAZIONE

Figura poliedrica nel mondo del progetto: designer, imprenditore, formatore, manager, comunicatore, ha sempre declinato la propria carriera nel segno dell’impegno civile. La formazione artistica lo ha spinto a esplorare il design come sommatoria di esperienze tecniche e narrative, in un percorso che ha prodotto oggetti memorabili, sviluppati interamente attraverso le aziende che nel tempo ha fondato oppure attraverso il rapporto con marchi storici del design italiano. Una generosità disinteressata quanto disincantata contraddistingue il suo rapporto con le giovani promesse del design che, anche grazie al suo impegno di formatore a livello internazionale, si confrontano in maniera non stereotipata con una professione sempre più articolata e complessa.

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Un percorso in continua evoluzione, capace di innovare il modello distributivo inserendovi cultura e passione, trasformando il tradizionale concetto di store in un luogo dell’esperienza e della conoscenza per un pubblico vasto e non solo per una ristretta élite. Un punto di riferimento e di valorizzazione per la cultura del design Made in Italy nel panorama internazionale.

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Un esempio virtuoso di percorso sempre nuovo ma che non ha mai rinunciato ai valori profondi di continuità e responsabilità espressi da sempre dalla famiglia. Un percorso che ha contribuito alla crescita di un modello produttivo che negli anni si è affermato in tutto il mondo per qualità e affidabilità, capace di costruire e valorizzare una vera cultura del design Made in Italy. Il loro percorso coraggioso e sempre discreto ha avuto come risultato una solida cultura aziendale proiettata al futuro, in una sperimentazione quotidiana condotta, passo dopo passo, con coerenza e determinazione.

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MOTIVAZIONE

Ha saputo guardare il mondo dove altri si limitavano a vederlo. Un percorso attraverso progetti per tipologie di prodotto spesso distantissime tra loro, che ha sviluppato nella concretezza del lavoro quotidiano, lontano dalla retorica autoreferenziale e autocelebrativa.

Foto: Elena Mahugo

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Uno sguardo originale sul mondo del progetto, basato su una formazione legata alla cultura classica e alla storia della critica d’arte, le ha permesso di realizzare testi originali e fondamentali per comprendere il fenomeno del Made in Italy nella sua accezione più vasta. Un impegno mai dogmatico ma sempre impegnato nel calare la cultura del progetto in territori professionali ampi, che comprendono quello dell’insegnamento quanto quello della divulgazione attraverso mostre memorabili.

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Personalità vulcanica, è stato capace di innestare la cultura del miglior design in un territorio tradizionalmente votato ai canoni della tradizione, superando scetticismo e conformismo rispetto a nuove metodologie, nuove tecnologie e nuove esperienze, e utilizzando a tutto tondo la cultura del design. Nelle sue scelte ha sempre dedicato speciale attenzione alla valorizzazione delle esperienze locali, senza mancare di stimolarne sempre il confronto internazionale lontano da nostalgie e provincialismi.

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Rappresenta un anello fondamentale di raccordo tra architettura e design, discipline che nel costante impegno universitario si confrontano e si integrano in una visione che supera il consueto approccio disciplinare, per riconsegnarci anche attraverso la sua ricca opera saggistica una visione complessa di un progetto di modernità civile.

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MOTIVAZIONE

Il rapporto tra luce e spazio è nella sua carriera un territorio di ricerca costante di equilibrio armonico dinamico. Arte, architettura e design si fondono in una visione interdisciplinare che nel tempo viene calata con sempre maggior consapevolezza nellimpegno per la salvaguardia dellambiente e delle culture fragili. Unattività sempre coerente, capace di dare corpo alla disciplina attraverso progetti poetici dotati di pesante leggerezza.

Foto: Ruven Afanador

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