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Concept

“Renata Bonfanti: tessere la gioia” è un progetto espositivo, a cura di Marco Romanelli con Luca Ladiana e Alessandro Bonfanti, dedicato al lavoro della designer, autrice che costituisce uno degli esempi più alti, e certamente cronologicamente tra i primi, di textile designer in Italia.
La mostra raccoglie una scelta completa di lavori dell’artista vicentina: dai primi tappeti a pelo lungo annodati a mano, che risentono fortemente dell’informale, alla poetica collezione Algeria, della fine degli anni ’50, sino ai più recenti tappeti a telaio meccanico che non sostituiranno mai la tessitura manuale ma si affiancheranno lucidamente e polemicamente a essa. “Ho sempre cercato di organizzare il mio lavoro in modo che le due tecniche fossero intercambiabili. Credo che un interesse eccessivo per la produzione manuale, di natura emotiva, e il rifiuto a priori delle nuove tecnologie possano ostacolare la ricerca, come d’altronde mi sembra assurdo pretendere che la produzione industriale ricopra tutti i ruoli” (R.B., 1975).

Il percorso della Bonfanti è un punto di riferimento interessante per il design italiano. Tra le molte declinazioni che il progetto assume, in Italia, nel secondo dopoguerra, dobbiamo ammettere infatti che la tessitura è assai poco praticata e la Bonfanti dovrà recarsi all’estero, nel Nord Europa, per completare la sua formazione.

Penalizzati da una lettura riduttiva al femminile, è difficile recuperare esempi di textile design nelle grandi occasioni nazionali e internazionali, quali le Triennali di Milano e le Biennali di Venezia. A maggior ragione, quando il lavoro si allontana dalla manifattura tradizionale, per altro di gran livello, come nel caso della Bonfanti, per invadere con decisione i territori dell’arte. La Bonfanti è in questo senso un’eccezione e partecipa, sin dall’inizio della sua attività, alle mostre più importanti e al dibattito culturale milanese.

Possiamo riconoscere due fattori che supportano significativamente l’opera della protagonista: da un lato, l’appoggio incondizionato di un gigante del progetto italiano, quale Gio Ponti. Dall’altro, la consuetudine e l’amicizia che la lega a Bruno Munari.

Un terzo fattore tuttavia non deve essere sottovalutato: la costante e proficua presenza della Bonfanti al Compasso d’Oro con segnalazioni nel 1956, nel 1960, nel 1979 e nel 1989 e il premio che le fu assegnato nel 1962.

Marco Romanelli

Crediti

a cura di Marco Romanelli

con la collaborazione di Luca Ladiana e la consulenza di Alessandro Bonfanti

progetto grafico della mostra e del catalogo Giuseppe Basile

progetto di allestimento Marco Romanelli e Luca Ladiana

direzione lavori Matteo Vercelloni

allestimenti Merlo SpA

si ringraziano le istituzioni, gli archivi, le aziende e i privati che hanno collaborato alla realizzazione di questa mostra:
Laboratorio Renata Bonfanti, Mussolente (Vicenza), collezione privata, Alessandro Bonfanti, Bassano del Grappa, Archivio Fondazione Jacqueline Vodoz e Bruno Munari, Milano, Archivio Fondazione ADI Collezione Compasso d’Oro, Archivio Marco Romanelli, Milano

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Merlo SpA